OPERA 1^ CLASSIFICATA
ROBERTO SILLERESI
In divenire
Il nostro divenire inizia
sotto un albero di fiabe,
si conclude col rumore del nevischio
e, nel mezzo, turbini d’aria salata
a irruvidirci la bocca.
Nel carnoso meandro
troppe perifrasi d’amore,
quasi bastassero cinque lettere,
sorrette all’invisibile,
per rubare ossigeno ai polmoni.
Nei bazar dell’odio la lingua
ritrova invece il suo mestiere,
coda pungolante di scorpione
che confuta il bacio di Giuda
in uno spasmo sarcastico.
L’anonima gente seduce
con l’effusione dell’oro,
travia in un canto d’usignolo
il mercimonio degli abiti della festa
per mediare con l’aldilà.
Erriamo dalla sorgente della gioia
sino all’estuario del dolore
e sfiniamo nel moto uniforme
delle onde che degradano
ogni speranza in illusione.
Passiamo oltre il ciborio sconsacrato
del collezionista d’insetti,
ali che più non rastrellano polline
nel sortilegio bizzarro
di una natura senza pupille.
OPERA 2^ CLASSIFICATA
MAURO DOMENELLA
Spiragli
Quando la notte sguaina l’intimità
delle sue ombre, si ingombra di astri
il cielo a seminare sogni,
l’indomani già sfumati nella saggezza
di tanti trasbordare da albe a crepuscoli.
Al rabbuiarsi dell’occhio,
ormai bugiardo, naufraga la speranza
di un fiero declino, – nell’incolpevolezza propria del vivere – marionetta appassita nelle mani
dell’ultimo burattinaio…
E poi mendicare sull’orlo di emozioni,
c’è un frammento di tempo
che svela il sudario di ognuno,
marcisce a nettare insapore la vita
mentre si rinnova l’indifferenza del sole
partorito vivo dalla terra.
E la consapevolezza dell’essere,
soltanto oltre i cancelli della morte,
quando non riverberano più vomeri
da trainare, – in un costante delirio –
senza vederne il solco…
Al cospetto di uno stridulo epitaffio
aleggia un sentore di pulviscolo redento,
mentre la sferza dei ricordi
percuote il cuore di chi resta.
OPERA 3^ CLASSIFICATA
MARIA FRANCESCA GIOVELLI
Sul sentiero dell’anima
(Al volo di un poeta sconosciuto)
Ti ho visto sospeso nella danza,
leggerissimo perderti in volo,
ti ho visto graffiare le pareti
di una stanza, dimenticare di essere solo;
ti ho sentito limare per ore
i brividi acuti di un dolore
per posarli nello spazio costruito
di sciolte, vuote, libere parole.
Ho conosciuto i tuoi occhi lucenti,
cercare lontani strade diverse
in ombra, nel sole, al silenzio dei venti,
e cogliere i suoni di musiche perse,
riempirle di ritmi di vita mai stanchi
rapiti alla fuga di viaggi solitari e distanti.
La carta accoglie il tuo grido, lo beve,
è un silenzio che lacera l’interno,
come fiore sbocciato nella neve
regalo di un ultimo giorno d’inverno;
la parola si svela fino in fondo
mentre segue la vita il tuo passo sincero
hai gli occhi posati sul mondo
e l’anima rivolta al suo sentiero.
OPERA 4^ CLASSIFICATA
LUISA SARULLO
Riemergeremo un giorno
Sei entrato nella tua Giornata di vita correndo tra stracci di
sole
sapendo già del sangue nero della notte
rassicurato dai sibili suadenti di un quid in fondo effimero – il pensiero dell’eterno – Scervellata splendida umanità
che strappi i veli metafisici per cercare certezze antiche
ma ti rotoli in spazzature mediatiche
perché così fan tutti.
Terremoti nel cuore ti fingono un’allegria improvvisa
e ti appagano perché sai
che Dio ogni tanto rifà i suoi conti
anche se ti lascia l’incoscienza dei perché.
Le melegrane ti sorridono con labbra spaccate
ma cola dalle ferite un sangue che contraddice
sangue che disegna una pietà di Michelangelo
sangue che non recita sure
ma anche ha gocce periferiche che il sole evapora fretta
un liquido invischioso che a sorpresa fa leggera la pena.
Proprio per questo cerchi l’esilio come una meraviglia
azzurra
dove le mani possano dormire con anelli d’acqua
il pensiero abbia la morbidezza d’una rosa scampanata
i segreti, una tomba di re mai aperta.
Guardi insicuro segnali di speranza
aspetti che gocciolino i coriandoli di fine festa
bevi un bicchiere di vino rosato
non pensando neanche un momento al lutto dell’uva.
OPERA 5^ CLASSIFICATA
STEFANO TONELLI
Ucronia
Viviamo in un eterno presente
di vani piaceri ingordo
e triste di ciechi ideali.
Con mano possente lo sfrego
via dalla mente, sempre
volta a stagioni reali
o di invenzione infantile
e adulta, o al sogno demente
di controllare il futuro senile
per allontanare il vecchio balordo
vagante senza fissa dimora.
Non si vive che nel “qui e ora”
nel carcere di un tempo presente?
Ripiego il mio ego puerile
e lo riparo nel mio ucronico tempo
dove la vita è lontano ricordo,
uno strano e curioso accidente.
OPERA 6^ CLASSIFICATA
EMILIA FRAGOMENI
Assenze
Un profumo d’antico sulle labbra,
la mano del silenzio tra i capelli,
la luna un’onda di sussurri bianchi,
nel velluto del cielo annego i sensi.
E porgo le mie braccia al vento ignoto,
assaporando i frutti dell’attesa.
Rovisto la mia anima e i pensieri,
fusione e incanto che van oltre il tempo,
velieri inarrestabile nel vento,
salti violenti di penetrante unicità.
Confondo quindi i sogni con il vero,
raccolgo la memoria d’aghi nel petto,
covo furiosi incendi o fatui fuochi,
aprendo l’uscio per il “paradiso”…
Palpita ancor la vita.
L’anima respira amore.
Arresta la clessidra, per favore!
Ritrova nuove rotte, vecchi tepori,
le ore immemori, incolmabili
di amore, le nostre identità fatte luce.
Cerco parole a sciogliere grovigli
di storie senza sbocchi, d’irrisolti
abbracci, di fili di promesse sciolte
al vento.
E, se con l’alba ritorno al mio tempo,
una parte di Te mi resta accanto
ed alimenta raggrumati sogni
ed un fermento d’ombre senza requie.
Ma scarse frecce son alla mia faretra,
la luce solo un lampo abbacinante,
i giorni grani di rosario consunti,
sepolti l’innocenza ed il perdono,
vaghe emozioni, lacrime morte,
mi resta solo un’ultima certezza:
frammenti rotti nei cristalli dell’essenza,
passi stremati, silenzi e molte assenze…
OPERA 7^ CLASSIFICATA
RODOLFO VETTORELLO
Le mani
Ragnatela di segni;
nel palmo della mano il labirinto
dei destini tracciati.
Le linee della vita e degli amori,
vicende scritte tutte ormai da sempre.
E nel dorso di mani geografia
di una vita vissuta e le sue storie.
Nelle vene la trama elaborata
di fiumi navigati
e nelle macchie scure,
simulacri di nuvole sospese
che minacciano pioggia.
E cicatrici antiche a ricordare
giorni lontani.
Il taglio della falce e sangue a fiotti
e la paura
ed il filo spinato che ricama
lacerazioni
e le croste che lasciano ricordi.
Guardo sempre negli occhi
chi mi parla
ma nascono le mani quando voglio
restare sconosciuto e ancora solo.
OPERA 8^ CLASSIFICATA
VALERIA DE PERINI
Metallo liquido
Perdono il silenzio,
perdono una carezza che
anelava a sostituire le parole,
perdono il mio treno che
deragliò
dai binari della vita.
Ma c’era qualcosa di forte
e senza rete
nei suoi occhi.
Una sigaretta dopo l’altra
e firmo l’aria con
boccate di fumo.
Un volto appare sul fondo del bicchiere
troppe volte svuotato di fretta.
Ma quale viso,
quale nome,
quale ricordo,
se tutto fonde e confonde?
E la realtà è metallo liquido
in cui annego,
labile sogno divorato da tarli
dove annaspo,
macchia sottile di te.
Sfiancata dal silenzio creato,
la malinconia prosciuga
le energie positive.
Si spegne un giorno per ricaricarsi
e poi tutto ricomincerà,
il mondo riprenderà a girare e forse
anche a funzionare
quando alla testa colpirà
qualcosa di duro
come l’amore…
OPERA 9^ CLASSIFICATA
CLAUDIO MALATINI
Come sassi lanciati di piatto
Ho lanciato di piatto
per contare i balzi dei sassi
prima che affogassero nel fiume
e si depositassero sul fondo,
in eterno, all’ombra del salice,
sotto il peso di un cielo senza vento
dove gli aquiloni restano a terra
e colorano l’erba dei campi.
Ho camminato lungo estuari
che sfociano inesorabili
e portano con sé le notti d’estate
che brillano di stelle, come gli amori
che struggono di nostalgia,
Ho consumato città
dalle notti che sentono di asfalto
e dai palazzi troppo alti
che fanno cadere all’indietro,
sino al fruscio dell’ultimo bus
perduto per paura di tornare.
Al suono dell’armonica a bocca
contro i muri e le luci dell’alba,
fino alla liberazione dell’ultima
volta, sotto il suo portone.
Ed ora conto i giorni
come sassi lanciati di piatto
sui tetti di questa città,
dove i cani girano prigionieri
dei loro guinzagli
e le ore consumano la vita
all’ombra delle antenne
sulle quali sopravvive qualche uccello
che sembra finto, mentre i ricordi,
lentamente, volano via.
OPERA 10^ CLASSIFICATA
BRUNO PETTENE
Ora che tutto ci appartiene
Ora che tutto ci appartiene
ogni dimensione di vita è senza traguardo
La felicità standardizzata evoca catene di serie.
Siamo socialmente obbligati
alla casa modello, alla grossa cilindrata, agli amori furtivi
senza rughe né carie
plastificati
immagini fisse sugli specchi in cimiteri d’elefanti.
Ora che tutto ci appartiene
ogni giorno apriamo scatole a sorpresa abilmente truccate
dimenticando il morire
perché non sappiamo vivere con stupore di bimbi
ogni giorno
stretti tra parentesi di cifre scivoliamo verso albe di pietra.
Così nella mente dei fanciulli giacciono gli aquiloni
e le capsule rubando agli astri tratti dal cielo
discoprono verità sempre nuove subitamente svanite
come granelli di sabbia nel vortice del vento.
Ora che tutto ci appartiene
viviamo uguali destini senza riserve.
I conteggi alla rovescia riportano al nulla
e mentre i tralicci puntano le stelle
danziamo al ritmo delle telescriventi,
scomponendo mosaici in strategie di benessere
per poi affogare nei comuni abissi
dove i corpi affardellano viluppi d’alghe
in bare oscure di silenzi.
Solo la notte non più sposa d’usignoli
con le lame dei coltelli brinda alla luna,
ora che tutto ci appartiene.